Continua la fortunata stagione di adesso come adesso: il cortometraggio di Michele Casiraghi ha vinto il premio Daunbailò al quindicesimo Genova Film Festival! Ecco la puntualissima recensione di Sara Victoria Barberis (tratta da scena-madre.blogspot.it): “Un campo di grano verde acido.
Un fiore fucsia tondo che ondeggia elastico. Dove siamo? Cosa sto vedendo? In
quale sogno sono capitata? Nel sogno di chi? Non mi ricordo chi diceva che
guardare i film era passeggiare nei sogni di qualcuno. Il documentario di
Michele Casiraghi, di cui sono già innamorata e dopo vi dirò perchè, è
un'elegante passeggiata tra il dentro e il fuori. Dentro la bolla onirica si
vedono eleganti dame settecentesche con barbe incolte, tatuaggi e ghigni
deformi, passeggiare con grazia simulata e bere tè dai colori metallici. Arriva
un maggiordomo con un vassoio di carte. Ognuno pesca una carta e legge una
frase scritta da un joker bambino che scrive in un'ala del castello. Le frasi
sono estratti da dialoghi di un mondo di privilegio fatto di viaggi, ristoranti
newyorchesi, pensieri oziosi, involontariamente snob. Fuori dal sogno cosa c'è?
Fuori c'è il vero dentro: le dame con parrucca e cipria in realtà sono
detenuti di un carcere per soggetti con patologie mentali o fisiche che rendono
inappropriata la loro permanenza in un carcere regolare. Telecamera fissa, sguardo
innamorato, vediamo i visi, quasi sempre deturpati e infantili di queste
persone che sembrano sempre sul ciglio di riscoprire la speranza, una speranza
mattutina, che la giornata però spesso tradisce, chiudendosi alla sera. A
ognuno di loro, questi Caini inconsapevoli, sono state girate delle carte
all'apparenza maligne: malati, criminali, scenari di povertà ignoranza
squallore. Quello che però colpisce di questo documentario allo stesso tempo
esperienziale ed estetizzante è proprio il racconto del regista: Casiraghi ha
vissuto una vita che quasi tutti considerano zuppa di privilegio: studi in
un'università newyorchese, viaggi con l'ONU in Cambogia e Africa, scuola di
mimo Lecoq, il massimo del radical-chic. Quando parla del film sembra non aver
mai attraversato un momento di asprezza o dubbio, il viso è fermo in
un'espressione di meraviglia divertita. Ma poi ti racconta che è proprio lui a
tornare dentro ogni settimana, è proprio lui a preferire il dentro
al fuori, ad avere bisogno di quella sincera umanità che pesca sempre le carte
sbagliate”.
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